La crisi economica di fine '800 e l'organizzazione bracciantile

Con la proclamazione del Regno d'Italia, si pose il problema di rivedere la legislazione amministrativa degli Enti Locali che concedeva strettissimi margini alla loro autonomia; infatti il governatore, o capo della provincia, e il sindaco venivano nominati direttamente dal re. Le modifiche introdotte dalla commissione governativa non intaccarono sostanzialmente il sistema già in uso: fu allargato il diritto di voto, che passò dal 3,9% della popolazione del 1865, all'11% nel '89, e al 26% nel 1914, e fu introdotta l'eleggibilità del Presidente della Provincia e del Sindaco. Nelle elezioni del 1865 fu eletto sindaco di Olevano Pietro Cantella, che rimase alla guida del nostro paese fino al 1869, poi sostituito da Paolo Zorzoli e dal '73 dal Cav. Romualdo Drovanti.
I primi tempi della costituzione del Regno furono indubbiamente anni difficili: sia i contadini del sud, sia i mezzadri dell'Italia centrale, che i braccianti delle nostre zone, furono del tutto esclusi da ogni beneficio derivante dall'unità appena conseguita, ed anzi rimasero esposti alla pressione fiscale imposta dal Piemonte (la più impopolare fu la tassa sul macinato del 1868) e all'obbligo del servizio militare. Il decollo che Mortara aveva sognato in quegli anni, grazie alle costruzioni stradali e ferroviarie (l'Alessandria-Novara a partire dal 1843 e la Vercelli-Pavia dal 1861) che la ponevano al centro della zona, non troverà conferma nei fatti. Il dinamismo demografico che vide la popolazione della Lomellina aumentare come mai nella sua storia, dai 133 mila abitanti del 1838 ai 154 mila del '62 ed i 156 mila dell'81, non si tradusse in uno sviluppo economico di portata corrispondente. Questa crisi e le trasformazioni che si avvertirono negli anni'70-'80, quando si introdussero le prime macchine agriole, provocarono una diminuzione della mano d'opera bracciantile e di conseguenza l'aumento dei disoccupati e dei sottoccupati che determinò, sul finire del secolo, un'imponente emigrazione specialmente verso l'Argentina. Una statistica riporta che da 1870 al 1901 furono oltre sei milioni gli Italiani che si recarono a lavorare all'estero: nella provincia di Pavia partiva ogni anno per l'America del Sud in media il 12 per mille della popolazione. Ad Olevano il fenomeno fu imponente: ogni anno partivano dalle 20 alle 25 persone, tanto che negli ultimi anni del secolo erano già emigrate più di trecento persone verso l'Argentina e gli Stati Uniti, e circa 40 verso Milano ed altre città d'Italia. In genere si imbarcavano da Genova a gruppi di uomini che però ritornavano dopo pochi anni; non mancavano tuttavia interi nuclei familiari: furono ben quaranta le famiglie olevanesi che si stabilirono in Argentina. Dalla stazione di Olevano partivano poi anche gli emigranti di Cergnago, Zeme e di altri paesi vicini: un ero e proprio "esercito" di persone alla ricerca di un posto di lavoro che desse loro la possibilità di vivere in modo più degno. Il costo della vita, nonostante questo esodo, continuava a salire, mentre in Parlamento si formavano due grandi correnti politiche: la destra e la sinistra. La prima, liberal-conservatrice, rimase al potere fino al 1876 e condusse la campagna del '66 che portò alla liberazione del Triveneto, e quella del '70 che occupò Roma; la seconda, democratica, deluse le speranze di rinnovamento del sistema politico-sociale. Così la frattura fra paese e governo continuò ad approfondirsi e si aggravò per il diffondersi delle nuove idee sociali e classiste. Le prime forme di organizzazione del proletariato erano costituite dalle società operaie, che inizialmente svolgevano soprattutto attività di mutuo soccorso, ed in seguito anche di resistenza al padronato. Tra il 1880 ed il '90 si registrarono grandi agitazioni rurali che fecero scattare una dura repressione concretatasi in ben oltre 50.000 rresti; si trattava di sussulti sociali fondati soprattutto sulla rabbia e la disperazione di gente che usava la parola d'ordine
la boje, cioè la pentola bolle. Anche ad Olevano in questi anni fu creata la Società di Mutuo Soccorso che viene per la prima volta ricordata nella visita pastorale del 1893: in questa occasione il parroco don Carlo Cerri, che si era insediato il 10 ottobre del 1889, annota che la sua bandiera non era stata benedetta. Nella stessa visita pastorale si ricorda che in paese si tenevano "balli pubblici e privati e spettacoli riprovevoli" ed erano molto frequentate le osterie. Circolavano poi "cattivi giornali" come la Provincia Pavese, che fu pubblicata per la prima volta il 7 luglio 1870, col nome di La Canaglia, da Contardo Montini, con un'intonazione anti-aristocratica ed anti-clericale, mentre il parroco cercava di diffondere la stampa cattolica "ma senza frutto se non di peggio".
In quegli anni Olevano raggiunse la sua massima espansione demografica: nel 1893 in paese risiedevano 1550 abitanti, 100 persone alla Cascina Vallazza, 80 alla Melegnana, 60 alla Battaglia e 50 alla Cascina Nuova: in tutto 1840 residenti.
Questo incremento della popolazione è testimone della rivoluzione agronomica che si avviò verso la fine anni '90: livellazioni del suolo, bonifiche e scavi di canali irrigui liquidarono le colture dei gelsi e delle viti e sostituirono la vecchia risaia stabile con la risaia a vicenda. Presero corpo le grandi aziende agrarie che fecero dei vecchi contadini dei braccianti a giornata, cioè ingaggiati sulla piazza cittadina dagli agricoltori secondo le loro esigenze, e di conseguenza si diffusero le organizzazioni proletarie che miravano alla difesa del salario e alla tutela delle donne e dei ragazzi. In Lomellina le prime federazioni bracciantili si costituirono all'inizio del secolo: al primo congresso tenutosi a Mortara il 27 ottobre 1901 erano presenti le leghe di 28 comuni sui complessivi 48 del circondario. La lega "socialistica" di Olevano, come scrisse il parroco nel 1903, si riuniva nel suo circolo cooperativo e si discuteva sulle decisioni da prendere e si leggevano i giornali come
L'Avanti, la Stampa ed il Contadino, organo ufficiale della Federazione Proletaria Lomellina. Numerosi furono gli scioperi nelle nostre campagne: tra il marzo ed il luglio del 1901 vi furono 44 scioperi con circa diecimila partecipanti, alcuni dei quali falliti a causa del crumiraggio di lavoratori fatti arrivare dai proprietari terrieri. Tra le rivendicazioni più significative c'erano l'aumento di paga e la riduzione dell'orario di lavoro della monda del riso, che cominciava alle 4 del mattino e finiva alle 8 di sera. Dopo tre anni di lotte, nel 1904 per la prima volta in Italia le ore lavorative furono ridotte a 9 e il salario fu aumentato da 1,8 a 2 lire giornaliere1.

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1 CLEMENTE FERRARIO
Carlo Lombardi, vita di un contemporaneo
Milano, La Pietra, 1982

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