I Visconti in Lomellina

Ritorniamo ora al panorama dei fatti storici che abbiamo lasciato agli inizi del XIII secolo. Pavia è sconvolta dalla lotta fra le fazioni che dividono la cittadinanza in Guelfi, detti Fallabrini, e Ghibellini, detti Marcabotti: a capo dei primi è la famiglia dei Langosco, ramo principale dei Conti Palatini, dei secondi la famiglia Beccaria. Fallabrini e Marcabotti s'alternano al potere, si scontrano, si scacciano e tornano a combattere nel contado: ogni castello, ogni villaggio si fortifica, bande di fuorusciti di entrambe le fazioni si alleano in un generale clima di guerra civile (nel 1270 vengono saccheggiati Lomello, Dorno, Valeggio e Garlasco; nel 1275 sono attaccate Gambolò, Garlasco e Mortara, che però resiste grazie alle nuove fortificazioni). Nel 1289 Guglielmo di Monferrato, alleato dei Langosco e da sempre interessato ad espandere la sua influenza sulla Lomellina e sul Pavese, si rende padrone di Pavia. L'anno seguente, mentre si prepara a nuove lotte contro Milano e la Savoia, è catturato dagli lessandrini e rinchiuso in una gabbia appesa ad una torre, donde non uscirà più. A Pavia ritornano i Beccaria. L'affermarsi a Milano della famiglia dei Visconti costringe le fazioni pavesi a stringere una lega con il nuovo Marchese del Monferrato: la guerra si combatte nel Milanese ed in Lomellina, Mortara è devastata, Gambolò e Garlasco attaccate. Le ostilità sono sospese per la mediazione degli ambasciatori della Repubblica di Venezia: Matteo Visconti e Manfredo Beccaria firmano a Pavia un trattato di pace. E con la pace, fatalmente, riprendono nelle due città le lotte interne. Filippone Langosco diviene il capo indiscusso di Pavia, mentre i Visconti, dopo una breve parentesi durante la quale sono scacciati da Milano per il ritorno dei Torriani, si alleano con i Beccaria, minacciando sempre più l'indipendenza di Pavia. Filippone, nell'infelice tentativo di occupare Piacenza, è colto da un'improvvisa sortita delle truppe viscontee, guidate dal giovane Galeazzo, e catturato con le armi in pugno (1313). A Pava è gridato signore suo figlio Riccardino, ma due anni dopo, durante l'assedio della città, il giovane Langosco cade ucciso durante un attacco notturno. Con lui si spegne il ramo diretto della famiglia dei Conti Palatini: le loro ricchezze sono distrutte ed i conti superstiti, con le linee collaterali, si rifugiano nel Monferrato e nel Vercellese, dove si riarmano ed in seguito riprendono i loro possedimenti in Lomellina, dopo aver prestato fedeltà ai Visconti, nuovi padroni di Pavia e del suo contado. Durante la signoria Viscontea, la Lomellina è riordinata sotto un capitano doganale ed un commissario fiscale. La famiglia dei Visconti domina qua e là in Italia per circa 170 anni. Li vediamo signori, duchi, conti, marchesi, col biscione sul loro stemma. Secondo una leggenda riportata da Dante e da Torquato Tasso, Ottone Visconti, andando alla conquista della Terrasanta, abbatté un Saraceno il quale aveva sulle armi la figura di una vipera tortuosa che divorava un bambino: da allora l'immagine comparve sullo temma della casata. I Visconti dominano a partire dal 1277, anno in cui Ottone I Visconti, sconfiggendo a Desio la potente famiglia milanese dei Della Torre, è proclamato Signore di Milano. La vera signoria viscontea ha inizio tuttavia nel 1311, allorché Matteo viene nominato Vicario Imperiale da Enrico VII di Lussemburgo, la cui discesa in Italia suscita un incendio di discordie e di lotte sanguinose. Nel 1320 Papa Giovanni XXII scomunica Matteo Visconti ed i suoi alleati; tre anni dopo l'arcivescovo di Milano pronuncia una sentenza di confisca contro di loro. Più tardi l'imperatore Carlo IV concede al Marchese del Monferrato il vicariato della città di Pavia, del suo distretto e del contado di Lomello (1355). I Visconti, furenti, occupano Pavia e si fanno riconcedere il titolo di vicario. In quest'anno la Lomellina, e con essa Olevano, entra a far parte del ducato di Milano, ma nel nostro territorio la guerra si fa violenta, con devastazioni delle soldatesche viscontee e monferrine in lotta fra loro, aggiute a varie bande mercenarie; la terra che Opicino de' Canistris, l'anonimo ticinese1, nativo di Lomello descrisse come fiorente di attività agricole è percorsa da una forte epidemia di peste.
Gian Galeazzo Visconti, ambizioso ed audace, restaura lo stato visconteo in disfacimento dopo numerose guerre e guerriglie; ottiene dall'imperatore il titolo di Duca; si allea al re di Francia e concede in moglie al Duca d'Orleans la figlia Valentina, fatto, questo, che sarà causa di future sciagure per l'Italia. Nel 1380 Gian Galeazzo si fa concedere dall'imperatore Venceslao il vicariato su molte terre, fra cui Pavia, sui conti di Lomello e sui beni e le terre posseduti da essi nel territorio pavese. Sono anni di guerre e di sofferenze: una nuova pestilenza invade la Lomellina portata da un corteo di oltre cinquemila pellegrini e penitenti irlandesi diretti a Roma, che al loro passaggio infettano tutti e tutto2. Sono anche anni di rinnovamenti estetici: sorgono infatti splendide chiese fra cui San Pietro Martire e San Francesco a Vigevano e San Lorenzo a Mortara. Anche il castello di Olevano viene rinnovato nel 1394, con la costruzione di un nuovo edificio accanto al vecchio3. Ma nel 1402, alla morte di Gian Galeazzo, il vasto dominio visconteo si sfascia per opera dei suoi condottieri di ventura i quali, in lotta fra loro, cercano di farsi padroni di ampi territori. Fra questi condottieri primeggia Facino Cane; costui, che propriamente si chiamava Bonifacio Cane, era nato a Santhià verso il 1360. Condottiero discendente da famiglia ghibellina, originaria di Pavia e potente a Casale Monferrato, si era fatto signore di Alessandria, Novara e Tortona. Inoltre, la vedova di Gian Galeazzo, assoldandolo in sua difesa, gli consegna come compenso i castelli di Valenza, Monte e Breme. Nel 1404 il Marchese del Monferrato invade la Lomellina: Facino Cane, di ritorno da Brescia dove aveva sconfitto i Guelfi, passa per i nostri territori diretto ad Alessandria; dovunque porta devastazione con la sua masnada e, fra i tanti, distrugge anche il castello di Olevano. Nel 1407 incendia Gambolò e, dopo aver cercato invano di espugnare Vigevano, saccheggia e smantella i paesi ed i castelli di Cairo,Lomello, Albonese. Molti Comuni giurano fedeltà al marchese del Monferrato, ma nel 1408 Facino Cane riesce a rendersi padrone di quasi tutta la Lomellina, tranne Vigevano e Mortara, la quale gli si sottomette l'anno seguente. Alla sua morte, nel 1412, la Lomellina ritorna ai Visconti per effetto del matrimonio tra Filippo Maria Visconti e Beatrice di Tenda, vedova di Facino. Non ritorna però la tranquillità: l'assassinio del condottiero Castellino Beccaria, aiutante dei Visconti, scatena lotte tra questi e i discendenti dell'altro. Non si possono dunque sottovalutare gli effetti devastanti delle guerre del primo Quattrocento come fattore di crisi duratura per l’economia e la società lomellina. Impressionante il calo demografico di Lomello rilevabile da un documentodel 1437, puntuali e inequivocabili le notizie sulla decadenza di numerose sedi ecclesiali. Il declino politico delle grandi dinastie aristocratiche della regione si accentuò, e nei decenni successivi non ci fu una ripresa, perché molte famiglie aristocratiche locali, guelfe e ghibelline, si schierarono tra i nemici dei Visconti.4
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1 Opicino de Canistris fu per più di seicento anni conosciuto come l'anonimo ticinese e solo nel 1927 dopo gli studi del prof. Faustino Gianani fu riconoscuito come il prete nato a Lomello il 24 dicembre 1296. Opicino studiò a Lomello e celebrò la sua prima messa a Pavia nel 1320, si trasferì a Roma e da qui fu chiamato ad Avignone alla corte di Papa Giovanni XXII. Morì ad Avignone nel 1352. Ha scritto la sua autobiografia in modo strano e curioso, ma certamente corrispondente ai canoni dell'epoca, il De preminentia spiritualis imperii e il De laudibus Civitatis Papie.

2 R. Bergamo: Storia dei Comuni…

3 Pergamene Comi, 1394- Biblioteca Universitaria Pavia


4 Nadia Covini, In Lomellina nel Quattrocento: il declino delle stirpi locali e i “feudi accomprati” - Firenze University Press 2005

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